RISPETTO PER LA VITA.

La sofferenza scivola, come acqua e bagna l’anima. Arginarla pare impossibile, eppure c’è tanta bellezza dentro e fuori di noi.

Sono avvinghiato alla socialità perversa che spegne silenzi maestosi. Gente che grida, a volte questo grido trascina la mia voce in altre grida, consapevole, ma impotente. Il vuoto si espande nelle voci, negli ideali, nella lungimiranza, il vuoto avvolge l’istante in cui si vive. Come dilagante nulla. Montagne d’inutilità vengono scalate, cattedrali di plastica sorgono e divinità maleodoranti come santini ingialliti si mostrano nell’illusione.

Mi vesto d’incorporea assenza

In questa ora in cui l’essere  si fa eterno

disarmato completo l’atto naufragando

sorprendo la notte del buio assoluto

con sguardo colore

sorseggio acqua chiara dal ventre della rosa

della passione che fiamma

Ho il cuore di panna e mani leggere.

La solitudine diventa necessaria, come il silenzio in un mondo urlante. La lungimiranza pare svanità, credere in un ritorno ci renderebbe certamente più attenti a cio che lasciamo ai nostri figli o a noi. 

La gente che lavora, si sente appagata, come se il lavoro fosse il vero scopo dell’umano proseguire.  Riti temporali che guidano la vita, per mangiare, spesso per il superfluo.

Camminiamo a testa bassa, incontriamo sconosciuti, senza salutare, persi in un travaglio infinito. Seduti davanti ad uno schermo, nutriamo l’insana convinzione di comunicare con gli altri. Ma non esiste comunicazione senza contatto, senza l’odore. Creiamo come avatar personalità alternative, simili a noi, ma completamente diverse.

Come posso amare un paese che non ama la poesia? Dove il massimo della profondità è racchiuso in un like?

Ricordo bimbo, la campagna di Febbraio, il primo sole, la riscoperta della vita, le viole e l’ultimo freddo che s’allontana, la fontana dell’acqua buona, le ragazzine sorridenti, con le gonne svolazzanti, le prime mutandine, visione del paradiso che avrei cercato con impegno.

Mi manca, quella sensazione di bello, lo stupore, la meraviglia di fronte all’opera della natura.  Mi manca mia Madre, il suo sorriso, mi mancano tutti i miei cari, e gli amici di quando ero bambino, tutto un mondo che non tornerà. Mentre scrivo, un orso bianco boccheggia, la foca annaspa, e negli allevamenti intensivi creature con anima e cuore soffrono incessantemente, coloro che se ne cibano assorbono dolore e sofferenza, come può essere equilibrato un mondo di carnivori?

C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel consumismo, la fine della lungimiranza estinguerà la nostra specie, il pragmatismo pare utile, ma in realtà l’unica parola veramente utile è utopia. Il sogno è essenziale, la ricerca del divino l’unica speranza. Non parlo di religione, ma della sensazione del sacro. Quando vedo un tramonto io so che si tratta di un evento maestoso e unico, anche se si ripete rimane unico. L’amore è sacro, come l’abbraccio, il sorriso è sacro, come la poesia ed il canto. Il fine ultimo è l’arte!

Le cose del quotidiano possono essere sacre, io sono sacro!

Tutto si ferma un solo istante

Il canto tace accorato

Il blu trascende il cielo

L’oro cresce all’orizzonte

Un sole ambrato spezza il giogo

E lascia che sia lieve la notte

Ogni vita è un tempio, dove si può pregare amando, ogni vita. Albert Schweitzer, era medico in Africa, e nelle sere magiche suonava Bach all’organo. Scrisse un libro meraviglioso dedicato all’etica, e quando un giornalista gli chiese come avrebbe estrinsecato in una frase l’etica, lui diede il titolo al libro: Rispetto per la vita!

Scrivo, da quando ero bambino, una costante e compulsiva scrittura. Il mio faticoso incedere tra la gente, mi ha fatto creare tutto un mondo interiore. Negli anni ho imparato a frequentare con il mio vero me gli altri, una fatica immane, avendo usato l’altro me per tanto tempo, e a volte ritorna, il mio io creato con cura per difendere il mio autismo. Pochissimi sanno chi sono veramente. Forse nella mia scrittura s’intravede qualcosa. Da sempre cerco come se cercassi il sacro Graal, una via msitica per dare un senso a tutto questo vissuto apparentemente inutile.

Ora ho una sorta di consapevolezza che la maggior parte delle azioni umane, sono inutili e dannose, e le parole come direbbe Qohelet, usate tutte.

Ci sono parole non dette aggrappate al silenzio

ed un grido muto è pur sempre grido

la fragilità di un cuore che avanza nella nebbia

è cosa insostenibile

attraverso le ombre c’è un suono

sommessa vibrazione

altrove bambini gioiscono

e i pescatori hanno pesce fresco

Altrove lucciole d’estate

Disegnano nelle notti vive i boschi d’assoluto

Sono stato poverissimo da bambino,  la povertà vera, in sette camera e cucina, in case fatiscenti, mangiare avanzi e vestirsi con gli scarti di bambini ricchi. Un ricordo tra i tanti, uno sprazzo di memoria, definisce quello che sono, fragile e autistico. Ma non mi piango addosso, ringrazio la sofferenza, la povertà, perché oggi mi sento invulnerabile. Nemmeno questo virus può ferirmi, nemmeno i soldi che ci perdo, la miseria che ho vissuto mi dice che qualunque cosa accada, la potrò superare. Quello che non riesco a superare è il veleno che deborda dagli umani quando s’imbrancano.

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